domenica 11 settembre 2016

La rivoluzione comincia da se stessi


Siamo stati abituati a pensare che la vita sia questo: trovare un impiego rispettabile che ci dia di che vivere, mettere su famiglia, fare dei figli, mandarli a scuola e insegnare loro, fin da quando sono piccoli, che la vita funziona esattamente così come l'abbiamo vissuta noi.
In realtà vogliamo che i nostri figli si realizzino (dico "nostri" anche se non ne ho, perché anche io faccio parte di questa tradizione culturale), ma passiamo loro il messaggio che il percorso deve necessariamente essere molto frustrante e pieno di sacrifici e ne varrà la pena solo se l'obiettivo sarà all'altezza delle aspettative sociali. Oppure, se ciò non sarà possibile, che la fatica sia almeno sufficiente a sottolineare che la vita è piena di insidie e difficoltà e non si può vivere nella bambagia.
Non venitemi a dire che ciò non è vero, sto chiedendo a molti bambini se siano felici dell'inizio della scuola e la maggior parte di loro mi risponde che assolutamente non lo è. Ma è giusto, la vita è così, non si può fare solo ciò che piace. Ed è assolutamente vero! Ma abbiamo mai pensato che la scuola dovrebbe aprire le ali di bambini e ragazzi e non tarparle, aprire orizzonti e non offuscarli, aprire il cuore e non rattristarlo? Non si può vivere nella bambagia, no, ma come possiamo pretendere che i bambini sappiano risolvere problemi se la loro anima è frustrata, sofferente, grigia, se in essa ogni giorno di più si spegne l'entusiasmo della scoperta, se il sacrificio supera il desiderio, se la meta è nascosta e il viaggio diventa labirintico?
Il problema non è solo la scuola (anche se ho sempre detto come la penso in merito e lo potete leggere ad esempio qui e qui), il problema siamo noi, che abbiamo accettato questo stato delle cose per noi stessi, che abbiamo sempre creduto che solo il sacrificio (e non la passione) siano degni di farci essere uomini meritevoli di rispetto. Di essere padri e madri che possano essere ritenuti davvero tali. Spesso e purtroppo, questo stato di cose è davvero difficile da cambiare: l'età che avanza, le bollette da pagare, i desideri dei figli (reali o presunti?) da soddisfare... Ormai le nostre responsabilità vengono prima (e non si può dire che sia sbagliato), ma vogliamo davvero che per le persone che più amiamo sia lo stesso? Ma davvero crediamo che dovrà essere così per noi, fino a quando i nostri occhi non si chiuderanno? 
Tutti, TUTTI hanno la possibilità di trovare la propria felicità, ma ciò non sarà mai possibile, finché perpetueremo questo modo di pensare. La vera felicità è una grazia dal valore spirituale altissimo, che incontriamo quando lo spirituale entra in noi, quando il nostro spirito trova contatto con Dio, Colui che lo ha creato. Ma niente più avvenire se non diamo il via ad un processo di destrutturazione dei nostri pensieri, pensieri che spesso sono legati ad una cultura religiosa del pentimento eterno. 
Arriva un momento in cui non possiamo più pentirci, dobbiamo agire e credere che possiamo afferrare la felicità ed essere ciò che siamo chiamati ad essere. E anche se qualcuno di voi è ateo, non potrà negare che, spiritualità a no, non vi sia strada migliore per essere in pace con se stessi e il mondo che fare ciò che si sente in sintonia con se stessi, tracciare la strada che risuona con la propria anima.
Se i genitori non partono dal presupposto di poter trovare questa Via, di avere il diritto di ricercarla, mai e poi mai potranno rompere gli schemi della tradizione educativa dei nostri tempi. Questi schemi frustranti continueranno a perpetuarsi nel tempo, i nativi della nuove generazioni nasceranno in una società non più in grado di rispondere ai loro bisogni, tenteranno di ribellarsi, ma la maggior parte di loro fallirà, perché il sistema è troppo grande e finirà per inghiottirli. 

C'è bisogno di un risveglio, spirituale, emotivo, intellettuale e, per attuarlo, ci vuole un grande coraggio. Ma la vera rivoluzione comincia da se stessi

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