sabato 15 ottobre 2016

Vivi come sei



Lui si chiama Gabriele Saluci ed è uno che ha lottato per i suoi sogni. Ce l'ha fatta. E' arrivato qui, con un miniserie su Rai3, al Kilimangiaro. Avrei voluto condividere direttamente il video, ma il sistema non me lo permette. Ci tengo però che lo guardiate e ci tengo che, anzi, vi guardiate pure il video qui sopra, che è quello della sua partenza, del suo inizio. No, no, non si pensi che io stia tessendo le lodi di un uomo per ergerlo a dio. E' solo un esempio, ma uno di quelli che merita, per ripetere e ribadire ancora un concetto che mi sta a cuore: lottate, rischiate per i vostri sogni. Non per i capricci, non per le futilità, ma per essere quello che dovete essere, per dare quello che dovete dare, per fare della vostra vita l'espressione piena del vostro potenziale. Se non sapete chi siete, impiegate il vostro tempo per scoprirlo. Coltivate la vostra anima e la vostra spiritualità, guardate in Cielo e intorno a voi e trovatevi. Quando lo avrete fatto, rischiate. Meglio delle certezze infelici o delle incertezze che portano alla felicità? Se quella è la vostra strada non fallirete. Non potete, è il vostro posto nel mondo, è solo vostro, nessun altro potrà occuparlo, è stato riservato per voi da prima che voi nasceste. Io credo sia stato Dio a farlo, voi cosa ne pensate? Credeteci, combattete, viaggiate verso la vostra via, sulla vostra Via. Non serve correre, basta un passo alla volta, ma, sappiatelo, dovrete in qualche modo fare un salto nel buio o prendere decisioni controcorrente. Se ascoltate la storia di Gabriele, cogliendola dai vari video e post su facebook, vi accorgerete di un fattore comune a chi insegue i propri sogni: la risoluzione. Lui ha lasciato l'università (per poi laurearsi in un secondo momento), ha preso una bicicletta ed è partito da Torino per arrivare in Islanda. Non credo che tutte le persone intorno a lui gli abbiano subito stretto la mano o dato un abbraccio, insomma potrebbe essere che ci fosse un po' di paura e di sconforto all'idea che lasciasse le sue certezze per andare dove... e poi, per quale motivo? Ma questo non lo ha fermato. E si può dire che ora sia questo il motivo del suo successo. Non ritengo che lui sia meglio di altri uomini o donne, ognuno è speciale per ciò che è. Il suo merito è stato quello di crederci e farsi guidare dal suo istinto (e dopo le sue qualità tecniche e la sua professionalità sono cresciute). A volte fa meglio ascoltare il cuore che la mente. Ci sono pensieri, idee, sensazioni che riguardano noi stessi che non trovano la via dell'oblio. Continuano a martellare dentro, prima più nebulose, poi sempre più delineate. E stanno lì, a dirti che tu sei quello, non altro, che se nato per essere in un posto. Se tutti smettessero di lottare contro se stessi, il mondo sarebbe nuovo. Migliore. Lo so, è destinato a morire, ma finché noi saremo in vita il nostro compito è renderlo felice. Rendendo felici noi stessi. No, non per capriccio, per dovere. In questo modo anche Dio sarà felice.


martedì 11 ottobre 2016

La povertà interiore

(Foto dal web)


Domenica sera ho partecipato alla riunione dei volontari di Bergamo di Compassion, una Onlus che si occupa di povertà ed in particolare di bambini poveri. La straordinarietà del lavoro di questa associazione sta nel fatto che il suo scopo finale non è solo quello di contribuire economicamente al miglioramento delle condizioni di vita delle persone, ma di donare loro una speranza. La povertà, infatti, ha una componente interiore che è caratterizzata in sostanza dalla paura e dalla mancanza di speranza nel futuro. Questa condizione non permette un cambiamento e nemmeno una crescita economica, ma genera piuttosto un adeguamento alle condizioni sociali. Cambiare questa prospettiva, non solo fornendo la soddisfazione dei bisogni fisici di un bambino o una bambina, ma creando situazioni e ambienti che stimolino fiducia, autostima, accettazione, valori altruistici, significa crescere uomini e donne fiduciosi, nel futuro e in un possibile cambiamento. È così che il cambiamento stesso può infatti aver origine. 
Ora, quello su cui mi preme ragionare è quanto tali condizioni vengano stimolate in una società ricca come la nostra, dove il benessere regna quasi indisturbato. No, non voglio affatto dire che le famiglie italiane non stiano subendo la crisi, ma, diciamocelo, quante rinunciano a smartphone, automobile, televisore, computer e tutti i comfort che tanto sono normali nella nostra società? Parliamoci chiaro, in fondo non ce la passiamo poi tanto male. Se rivalutassimo alcune priorità ce ne renderemmo conto. E allora, dato il nostro stato di benessere, siamo certi che stiamo infondendo nei più piccoli fiducia, forza, coraggio per la realizzazione dei propri sogni? Se la risposta è "sì", questo deve tradursi in presenza da parte dell'adulto e cura in senso ampio, passione per la vita, desiderio di ascolto, dilatazione dei tempi di vita (per lo meno di quelli passati insieme ai più piccoli) e milioni di altre piccole grandi cose che mettono al centro i bisogni del bambino come essere trino. Sono riflessioni importanti, che non possono essere tralasciate. 
Al centro di una società devono starci i bambini, perché essi sono ciò che di più vicino a Dio esista e tali possono rimanere se viene data loro la possibilità di crescere in maniera completa, al massimo delle proprie possibilità e talenti.