Pensiamo che per essere bravi educatori, genitori o insegnanti, dobbiamo indottrinare, imprimere nella mente di bambini e ragazzi delle nozioni ben precise, dei valori esplicitati in regole ben verbalizzate, una cultura fatta di successioni mnemoniche di fatti e formule. Così i bambini (i più "bravi") sanno tutto e si comportano come devono.
Qual è il problema in tutto questo? Il problema è che i veri bisogni dell'uomo sono l'essere nutrito (nel corpo, nell'anima e nello spirito) con la vicinanza, l'amore, la bellezza e autoaffermarsi come Io unico e irripetibile, autoriconoscersi e posizionarsi in pienezza nel mondo. Ora se noi guardiamo al futuro, alla società e alle regole che essa impone non possiamo che volerci affrettare nel metodo educativo e didattico con cui ho aperto il post. In questo modo pare che la collocazione di ciascun bambino e bambina nel mondo sia avviata e sicura. Ma così facendo non ci domandiamo affatto come tale collocazione possa avvenire nel pieno rispetto dell'interiorità del bambino e della bambina stessi, anzi in modo che essa sia davvero stimolata a crescere e a venire espressa all'esterno in piena libertà e consapevolezza.
Insegnare delle lezioni è e deve essere una minima parte del lavoro dell'educatore, spesso nemmeno parte visibile. Prima di tutto vanno gettate le basi per una consapevolezza di se stessi, del mondo fuori, di ciò che di bello può esserci, per stupirsene ed esserne grati. Una scuola che non è in grado di fare ciò è una scuola morta, che stimola solo una memoria cerebrale scollegata dalla memoria animica. Ma se queste due memorie non si legano assieme attraverso l'esperienza e per mezzo di un'arte dell'educazione fatta di talenti, nulla potrà far presagire un futuro migliore. Avremo uomini frustrati e ancor prima bambini arrabbiati, che odiano l'istituzione scolatica e, di conseguenza, il sapere che ad essa collegano.
Bisogna uscire dai banchi, uscire dalle mura, uscire dai vecchi schemi. Solo genitori coraggiosi saranno in grado di prendere decisioni così difficili e importanti, oltre il prodotto e verso la sostanza più vera.
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giovedì 3 novembre 2016
Verso la sostanza
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martedì 11 ottobre 2016
La povertà interiore
Domenica sera ho partecipato alla riunione dei volontari di Bergamo di Compassion, una Onlus che si occupa di povertà ed in particolare di bambini poveri. La straordinarietà del lavoro di questa associazione sta nel fatto che il suo scopo finale non è solo quello di contribuire economicamente al miglioramento delle condizioni di vita delle persone, ma di donare loro una speranza. La povertà, infatti, ha una componente interiore che è caratterizzata in sostanza dalla paura e dalla mancanza di speranza nel futuro. Questa condizione non permette un cambiamento e nemmeno una crescita economica, ma genera piuttosto un adeguamento alle condizioni sociali. Cambiare questa prospettiva, non solo fornendo la soddisfazione dei bisogni fisici di un bambino o una bambina, ma creando situazioni e ambienti che stimolino fiducia, autostima, accettazione, valori altruistici, significa crescere uomini e donne fiduciosi, nel futuro e in un possibile cambiamento. È così che il cambiamento stesso può infatti aver origine.
Ora, quello su cui mi preme ragionare è quanto tali condizioni vengano stimolate in una società ricca come la nostra, dove il benessere regna quasi indisturbato. No, non voglio affatto dire che le famiglie italiane non stiano subendo la crisi, ma, diciamocelo, quante rinunciano a smartphone, automobile, televisore, computer e tutti i comfort che tanto sono normali nella nostra società? Parliamoci chiaro, in fondo non ce la passiamo poi tanto male. Se rivalutassimo alcune priorità ce ne renderemmo conto. E allora, dato il nostro stato di benessere, siamo certi che stiamo infondendo nei più piccoli fiducia, forza, coraggio per la realizzazione dei propri sogni? Se la risposta è "sì", questo deve tradursi in presenza da parte dell'adulto e cura in senso ampio, passione per la vita, desiderio di ascolto, dilatazione dei tempi di vita (per lo meno di quelli passati insieme ai più piccoli) e milioni di altre piccole grandi cose che mettono al centro i bisogni del bambino come essere trino. Sono riflessioni importanti, che non possono essere tralasciate.
Al centro di una società devono starci i bambini, perché essi sono ciò che di più vicino a Dio esista e tali possono rimanere se viene data loro la possibilità di crescere in maniera completa, al massimo delle proprie possibilità e talenti.
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martedì 27 settembre 2016
Il senso estetico
Ho spesso parlato di bellezza, associando questo termine a quello di stupore.
Perché è importante per un bambino sviluppare il senso estetico? In una società fatta di apparenze, come dobbiamo intendere la bellezza e che valore dobbiamo darle? Sono sicuramente domande importanti se partiamo dal presupposto che tutto ciò che di buono, di piacevole, di positivo per la nostra interiorità possiamo incontrare nella vita è inevitabilmente pieno di una certa bellezza. Saperla leggere, trovare, far propria è uno strumento di felicità e pienezza che ha dello straordinario. Per questo è importante che quello che facciamo con bambini e bambine sia intriso di bellezza, che in ogni gesto, parola, sguardo, attività ci sia una certa attenzione al senso estetico. È vero che fare qualcosa insieme, in piena partecipazione, ha di per sé un valore di bellezza, ma se in esso si aggiunge la consapevolezza di aver creato, detto, fatto, visto qualcosa di bello, tutto ha un valore aggiunto. La bellezza crea stupore e lo stupore gratitudine. E attraverso la gratitudine lo spirito dell'uomo si eleva e trova una pace soprannaturale.
Quando un bambino coglie questo sguardo ricco di bellezza, impara a coltivare buoni sentimenti, la capacità di dire grazie, la consapevolezza della Vita e mantiene più a lungo quella purezza di cuore che gli anni tendono a cancellare. Senza contare che l'apprendimento ne gioverà!
Aiutiamo i piccoli a coltivare il proprio senso estetico, andando in questa direzione. Non verso l'apparenza, ma verso una sostanza che si riverserà anche fuori.
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